... BENEDETTA BECCARIA
Sento ancora la Sua voce, ricordo le Sue mani che modellavano l’aria come un vaso di creta, le Sue parole che, delicate, mi accarezzavano il viso, le Sue storie che, per me, erano poesia. Mi sforzo per ricordare di più di lui, una fatica inutile. Mi sfiora solo il ricordo della sua voce, mi sono rimaste le sue storie che rispecchiavano il suo passato, che mi parlavano di lui. Ascoltavo e, affascinata, lo guardavo, seduto nella sua poltrona marrone, che riviveva la sua vita, la sua adolescenza. Tutto, in lui, nelle sue storie, profumava di poesia. Ed io ero lì, accanto a lui, estranea alle sue storie come una spettatrice di una partita di calcio, ma mi sentivo trasportare insieme a lui nel suo mondo, sentivo dentro me qualcosa di forte, un legame eterno che mi teneva stretto a lui, un amore che ardeva nel mio cuore e che, penso, non si spegnerà mai. Mi sono pentita di non essermi aperta con lui, di non avere dimostrato la mia stima nei suoi confronti, di non avergli detto che gli volevo bene. Darei la mia vita per una sua carezza, per una sua ultima parola. Darei la mia vita per poter trascorrere una giornata con lui. Gli parlerei di me, delle mie idee, delle nostre storie. O, forse, non riuscirei a dirgli niente. Mi basterebbe guardarlo.
Savona, aprile 1997
La nipotina Benedetta Beccaria
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